Author Archive Avv. Pierluigi Vossi

DiAvv. Pierluigi Vossi

Sport Popolare:  partecipazione alla titolarità di azioni e quote delle società sportive.

Bene . Ma non benissimo.

E’ all’esame dell’Assemblea della Camera dei deputati, da lunedì 25 marzo 2024, la proposta di legge AC 836-A, recante “Disposizioni in materia di partecipazione popolare alla titolarità di azioni e quote delle società sportive“, composta di 9 articoli e che intende favorire la partecipazione, diretta o indiretta, alla proprietà del capitale sociale e alla gestione delle società sportive da parte dei sostenitori delle stesse. Il testo descrive le società sportive assoggettate a partecipazione popolare: le associazioni sportive dilettantistiche nelle quali, in ragione della forma organizzativa prescelta, ogni socio ha diritto a un solo voto, qualunque sia l’entità o il valore della quota ovvero il numero delle azioni possedute; le società sportive professionistiche in cui le azioni o le quote sono intestate agli enti di partecipazione popolare sportiva, nei quali a ciascun socio, associato o partecipante spetti un solo voto, qualunque sia il valore della quota o il numero delle azioni possedute. La proposta in particolare elenca le condizioni necessarie alle società sportive professionistiche per intendersi assoggettate a partecipazione popolare.

Che dire. Bene. Ma non benissimo.

È un primo tentativo trasversale della politica italiana di formulare una regolamentazione normativa a beneficio dell’aggregazione sportiva: funzionale alla riscoperta e alla diffusione della cultura dello “Sport Popolare”. Tentativo, tuttavia così come proposto, ancora lontano dal modello tedesco, come quello, ad esempio, del ST Pauli FC.

Il testo, infatti, è ancora privo di norme funzionali a regolamentare la gestione delle strutture sportive da parte di società a partecipazione popolare e di enti di partecipazione popolare sportiva: mancano, in particolare, norme che prevedano modalità di assegnazione e di gestione di impianti sportivi in favore di queste compagini.

Diversi emendamenti sono stati proposti da parlamentari del centro-sinistra: tutti funzionali a introdurre tale necessità (emendamenti all’art. 5 Gestione strutture sportive-introduzione art. 5 bis delega al Governo per le agevolazioni per la gestione delle strutture sportive) oltre che a incentivare l’effettiva partecipazione gestionale nelle società degli enti di partecipazione popolare (regolamentazione partecipazione ai CDA, consultazione documenti e libri contabili, accesso diretto dei tifosi-soci ai bilanci ).

È un tentativo ancora lontano dall’associazionismo popolare: dalla creazione dello Sport dal basso. Che permetta di costruire una Casa sportiva per tutti senza lasciare nessuno fuori dalla porta.  

Ma è un primo passo. Che magari ci permetterà di attualizzare un sogno: come quello di vedere Stadi di calcio comunali accessibili a tutta la popolazione: con palestre al loro interno, luoghi di ritrovi, musei della storia sportiva della città e magari asili nido come ad Amburgo.  

DiAvv. Pierluigi Vossi

L’ART. 63 DEL CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA: I “FATTI DECISIVI” PER LA REVOCAZIONE E I “FATTI INCONCILIABILI” PER LA REVISIONE DELLE PRONUNCE ENDOFEDERALI DEFINITIVE

I casi Juventus e Viareggio/Trestina: quando gli atti di indagine penale fanno ingresso nel procedimento sportivo

di Avv. Chiara Lupattelli (Studio Legale Vossi)

L’art. 63 del Codice di Giustizia Sportiva F.I.G.C. disciplina i due rimedi endofederali per l’impugnazione delle pronunce emesse dagli Organi di Giustizia Sportiva già divenute definitive e, dunque, non più soggette ad impugnazione “ordinaria”: la revocazione e la revisione.

La possibilità di presentare ricorso per revocazione o per revisione è limitata ai casi tassativamente individuati dal citato art. 63 e, in particolare:

– “Tutte  le  decisioni  adottate  dagli  organi  di  giustizia  sportiva,  inappellabili  o  divenute  irrevocabili, possono essere impugnate per REVOCAZIONE (…), entro trenta giorni dalla scoperta del fatto o dal rinvenimento dei documenti:  a) se sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno all’altra;  b) se si è giudicato in base a prove riconosciute false dopo la decisione;  c) se, a causa di forza maggiore o per fatto altrui, la parte non ha potuto presentare nel  precedente procedimento documenti influenti ai fini del decidere;  d) se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente  procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti  nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia;  e) se nel precedente procedimento è stato commesso dall’organo giudicante un errore di fatto  risultante dagli atti e documenti della causa”;

– “Nei confronti  di  decisioni  irrevocabili,  dopo  la  decisione  di  condanna,  è  ammessa  la  REVISIONE innanzi alla Corte federale di appello nel caso in cui:  a) sopravvengano o si scoprano nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrino  che il sanzionato doveva essere prosciolto;  b) vi sia inconciliabilità dei fatti posti a fondamento della decisione con quelli di altra decisione  irrevocabile;  c) venga acclarata falsità in atti o in giudizio”.

I due rimedi di cui si tratta, a fronte di taluni elementi caratteristici comuni (l’impugnazione è presentata tramite ricorso innanzi alla Corte Federale di Appello; entrambi i procedimenti presentano la medesima struttura, suddivisa in un primo momento, del c.d. vaglio di AMMISSIBILITÀ – verifica della sussistenza dei presupposti per l’esperibilità dello specifico rimedio, come elencati dall’art. 63 C.G.S. – e in un secondo momento, del c.d. vaglio di RESCINDIBILITÀ – verifica della possibilità di sostituire la pronuncia oggetto di impugnazione con una nuova pronuncia, contenente nuove statuizioni giuridiche), presentano pure importanti differenze (i presupposti di ammissibilità dei due rimedi sono diversi; mentre il ricorso per revocazione deve essere proposto entro un termine preciso – trenta giorni – dalla scoperta del fatto / rinvenimento dei documenti, il ricorso per revisione non è soggetto ad alcun termine; il ricorso per revisione è ammesso nel solo caso in cui la sentenza da impugnare sia una sentenza di condanna, laddove tale limitazione non è invece prevista in caso di ricorso per revocazione).

In ogni caso, all’esito del giudizio per revocazione / revisione innanzi alla Corte Federale di Appello, l’unico rimedio ulteriormente esperibile, nell’ambito della Giustizia Sportiva, è il ricorso innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport istituito presso il CONI.

***

Nel suesposto inquadramento normativo si inseriscono due recenti pronunce della Corte Federale di Appello e del Collegio di Garanzia dello Sport che hanno deciso, rispettivamente, su due specifiche istanze di revocazione e revisione.

– LA REVOCAZIONE EX ART. 63, C. 1 LETT. D) C.G.S.: “I FATTI NUOVI” NEL CASO JUVENTUS –

La recente Decisione/0063/CFA-2022-2023, depositata in data 30.01.2023, è intervenuta all’esito di un giudizio introdotto dalla Procura Federale F.I.G.C. per la revocazione parziale della Decisione della Corte Federale di Appello a Sezioni Unite, n. 0089/CFA-2021-2022; revocazione invocata in forza del disposto dell’art. 63, c. 1 lett. d), che recita: “le decisioni adottate dagli organi di giustizia sportiva, inappellabili  o  divenute  irrevocabili, possono essere impugnate per revocazione (…), entro trenta giorni dalla scoperta del fatto o dal rinvenimento dei documenti: (…) d) se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente  procedimento, oppure sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta inappellabile, fatti  nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia”.

Nel caso specifico – avente ad oggetto la nota vicenda delle presunte irregolarità fiscali attribuite a diversi soggetti gravitanti intorno alla Società Juventus Football Club S.p.A. – la Procura Federale ha ritenuto che le sopravvenute risultanze di indagine provenienti, soprattutto, da una folta attività di intercettazione condotta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, abbiano disvelato fatti decisivi sconosciuti all’epoca delle pronunce di merito che avevano, a suo tempo, condotto gli Organi di Giustizia Sportiva a ritenere assente qualsivoglia responsabilità disciplinare in capo ai soggetti deferiti: fatti alla luce dei quali la Procura ha chiesto – e ottenuto – la parziale revocazione della decisione della Corte Federale di Appello di proscioglimento dei deferiti, con conseguente condanna degli stessi a diverse sanzioni disciplinari.

La Corte Federale di Appello a Sezioni Unite, nella pronuncia del 30 gennaio scorso, ha ritenuto che tale decisivo fatto nuovo si identificherebbe con “l’assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio e, invece, l’esistenza di un sistema fraudolento in partenza (quantomeno sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto conoscere e alla luce del quale la decisione deve essere diversa da quella qui revocata” (cfr. pag. 21 Decisione in esame). Nuovo quadro fattuale, questo, che si ricaverebbe proprio dal contenuto delle intercettazioni e dall’ulteriore documentazione pervenuta su comunicazione della Procura della Repubblica di Torino.

– LA REVISIONE EX ART. 63, C. 4, LETT. B) C.G.S.: I “FATTI INCONCILIABILI” NEL CASO VIAREGGIO/TRESTINA –

Con Decisione n. 2 Anno 2023, depositata in data 16.01.2023, il Collegio di Garanzia dello Sport istituito presso il CONI ha accolto il ricorso per revisione proposto dal Sig. Antonio Aiello avverso la Decisione del Tribunale Federale n. 93/TFN-SD 2020/2021 (poi confermata dalla Corte Federale di Appello a Sezioni Unite e dal Collegio di Garanzia dello Sport CONI a Sezioni Unite), con la quale l’Allenatore era stato condannato alla sanzione disciplinare della squalifica per anni 4 per l’illecito sportivo p. e p. dall’art. 30, commi 1 e 2 C.G.S., con l’incolpazione di aver concordato il risultato della gara del 03.03.2019 con l’avversario Club del Trestina. Con l’accoglimento del ricorso, il Collegio di Garanzia non solo ha accolto l’istanza di revisione, ma ha pure revocato l’intera sanzione disciplinare inflitta al ricorrente.

La domanda di revisione del Sig. Aiello si fondava sul disposto dell’art 63, c.4 C.G.S. a mente del quale “nei confronti di decisioni irrevocabili, dopo la decisione di condanna, è ammessa la revisione innanzi alla Corte federale di appello nel caso in cui (…) b) vi sia inconciliabilità dei fatti posti a fondamento della decisione con quelli di altra decisione irrevocabile”. In particolare, il Tecnico – assolto “per non aver commesso il fatto” nel parallelo procedimento penale in cui era imputato per il reato di frode sportiva (art. 1, c. 1 L.  13 dicembre 1989, n. 401) con la medesima accusa di aver partecipato alla combine per la gara del 03.03.2019 – ha fatto valere l’inconciliabilità tra la ricostruzione storico-fattuale che ha condotto il Giudice Penale ad assolverlo e quella alla base del giudizio endofederale.

Pure in tale procedimento, il ricorrente ha insistito sulla portata determinante del contenuto delle intercettazioni telefoniche, dalle quali – come in effetti giudicato dal Tribunale di Lucca – emergeva una narrazione dei fatti totalmente diversa da quella che aveva formato oggetto della pronuncia sportiva: e che aveva portato – quest’ultima – alla condanna del Sig. Aiello alla sanzione della squalifica per n. 4 anni.

In prima battuta, la Corte Federale di Appello a Sezioni Unite dichiarava l’inammissibilità del ricorso, per avere  l’istante identificato l’inconciliabilità con la diversa valutazione giuridica attribuita ai medesimi fatti dai due diversi Giudici. Tale pronuncia, oggetto di ricorso innanzi al Collegio di Garanzia, era totalmente ribaltata.

In particolare, il Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, nell’accogliere le doglianze dell’Allenatore Antonio Aiello, ha ribadito che l’inconciliabilità dei fatti, fondante la necessità di un giudizio di revisione ex art. 63, c. 4 lett. b) C.G.S., si ha quando sussista una oggettiva incompatibilità tra i fatti storici su cui le due diverse pronunce si fondano: a nulla rilevando, sul punto, l’eventuale contraddittorietà logica tra le valutazioni effettuate tra le due Autorità, Sportiva e Ordinaria. Inconciliabilità che, in tal senso, a giudizio del Giudice di legittimità Sportivo,  sussiste nel caso dell’ex allenatore del Viareggio.

***

Dalla breve esegesi qui offerta si ricava che in caso di intercettazioni ed altra attività di indagine penale confluita agli atti del procedimento sportivo, la semplice esistenza di tale ulteriore materiale probatorio non vale – per se stessa – a fondare il giudizio di revocazione / revisione: dovendo, piuttosto, verificarsi l’ulteriore circostanza per cui l’esame di tali eventuali ulteriori risultanze riveli un FATTO STORICO nuovo / diverso da quello posto alla base della decisione che si intende sostituire.

Pure di tali aspetti, dunque, ci aspettiamo tratterà il – più che probabile – prossimo giudizio del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI sulla vicenda che ha visto coinvolto il Club della Juventus: Collegio che, con ogni probabilità, investito della decisione dei ricorsi avanzati dai deferiti destinatari delle sanzioni di cui alla Decisione/0063/CFA-2022-2023.

Di seguito i provvedimento sopra citati per esteso.

DiAvv. Pierluigi Vossi

Reati di violenza contro la persona e Sport

Protocollo d’intesa tra la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e il Comitato Olimpico Nazionale Italiano – Procura Generale dello Sport

L’ordinamento Giuridico Sportivo è improntato ai principi di lealtà, correttezza e probità e a essi si devono conformare le condotte di tutti i soggetti che in esso operano. La tempestiva conoscenza da parte della Procura Generale dello Sport dell’esistenza di procedimenti penali a carico di tesserati o affiliati al CONI che abbiano ad oggetto reati di violenza contro la persona, assicura una maggior tutela della vittima da possibili reiterazioni del fatto reato.

Per questo l’11 gennaio 2023 è stato firmato un Protocollo di Intesa tra la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e il Comitato Olimpico Nazionale Italiano e la Procura  Generale dello Sport volto a coordinare le attività proprie dei soggetti firmatari, così da ottimizzare la collaborazione per la trattazione di vicende legate a tale tipologia di reati : vista la diversa natura dei procedimenti, penale e disciplinare sportivo. Qui di seguito il testo del Protocollo.https://www.coni.it/images/1-Primo-Piano-2023/ProtocolloProcuraMilano.pdf

DiAvv. Pierluigi Vossi

Le professionalità che interessano gli staff delle squadre di calcio e le tutele apprestate dal sistema normativo federale

Ne parleremo il 23 settembre 2022 alle ore 15,00 presso l’Aula 3 del Dipartimento di Giurisprudenza – Università degli Studi di Perugia.

NEL CONVEGNO: LE NUOVE PROFESSIONALITÀ’ IN AMBITO SPORTIVO: TRA MULTIDISCIPLINARIETA’ E SPECIALIZZAZIONE

🖥Sarà possibile seguire l’evento in diretta su piattaforma Teams a questo link: https://teams.microsoft.com/l/meetup-join/19%3ameeting_MzFhOTBkNzQtMDhhZC00Yjc3LWFjNDAtZmRkYTUyNDc0MDU2%40thread.v2/0?context=%7b%22Tid%22%3a%22067e7d20-e70f-42c6-ae10-8b07e8c4a003%22%2c%22Oid%22%3a%225afe1470-91a5-4354-b88b-e7541db80fb8%22%7

DiAvv. Pierluigi Vossi

CORTE FEDERALE D’APPELLO FIGC SEZ. UNITE : DECISIONI N. 66-67 2021-2022. Modalità di comunicazione degli atti di Giustizia Sportiva nel settore dilettantistico . Obbligo (per la società) della comunicazione all’ex tesserato. Omissione. Diritto alla conoscenza della comunicazione.

Il Codice di Giustizia Sportiva della FIGC– dopo aver prescritto che i tesserati delle società non professionistiche, all’atto del tesseramento o del rinnovo dello stesso, sono tenuti a comunicare l’indirizzo pec della società per la quale si tesserano – prevede all’art. 53 comma 5, lett. a), le seguenti modalità alternative di comunicazione alle persone fisiche:

 1) all’indirizzo pec del tesserato o della società di appartenenza, comunicato all’atto del tesseramento; in tal caso la società ha l’obbligo di trasmettere la comunicazione al tesserato, pena l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 8 CGS;

2) all’indirizzo pec della società dell’ultimo tesseramento, qualora il destinatario non risulti tesserato al momento dell’instaurazione del procedimento; anche in tal caso la società ha l’obbligo di trasmettere la comunicazione al tesserato, pena l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 8 CGS;

3) all’indirizzo pec formalmente comunicato agli organi di giustizia sportiva ai fini del procedimento.

Tuttavia, prendendo spunto dalle vicende disciplinari esaminate dalle due Sentenze della CFA a Sez. Unite sopra richiamate , la norma in questione ad oggi , nell’ipotesi in cui il destinatario della comunicazione non risulti tesserato al momento dell’instaurazione del procedimento e la ex società ometta di  notiziare quest’ultimo della ricezione di tale documento, oltre prevedere una sanzione per l’ inadempimento, nulla dispone circa le iniziative che debbono essere adottate affinché sia garantito il pieno contraddittorio con l’ex tesserato .

Nei casi oggetto dei giudizi in questione, la CFA a Sez. Unite ha richiamano -nella parte motiva- il “principio della scissione oggettiva” degli effetti della comunicazione/notificazione per il mittente e per il destinatario:  come disciplinato dall’ art 149 co 3  cpc– V.si C.Cost. 477/2002- . Sanando, così, l’operato della Procura federale che diligentemente aveva provveduto alla notificazione della comunicazione nel rispetto dell’art. 53 CGS, ed accogliendo l’istanza di rimessione nei termini formulata da quest’ultima a mezzo del reclamo.

Prendendo spunto dall’indirizzo nomofilattico dato dalla Corte, appare quindi necessario ed urgente un intervento del Legislatore federale affinché la procedura di comunicazione degli atti di cui all’art. 53 comma 5, lett. a) n.2, in ipotesi di mancato riscontro della attivazione della società, preveda espressamente, ai fini del suo perfezionamento nei confronti del destinatario, l’utilizzo di tutti quei strumenti impiegati e regolamentati (ad esempio, mezzo del servizio postale) pure nell’ambito dall’Ordinamento statale: così da garantire a quest’ultimo la legale conoscenza dell’atto ed il proprio Diritto di Difesa.

Per la lettura dei provvedimenti cliccare qui:

https://www.figc.it/media/157314/sez-unite-decisione-n-0066-cfa-del-21-febbraio-2022.pdf

https://www.figc.it/media/157315/sez-unite-decisione-n-0067-cfa-del-21-febbraio-2022.pdf

 

DiAvv. Pierluigi Vossi

INEFFICACIA DEI MODELLI ORGANIZZATIVI E GESTIONALI ADOTTATI: IL CASO HELLAS VERONA-CAGLIARI.

(Dott.ssa Chiara Pasqui –Studio Legale Vossi)

Con decisione n. 133/CSA/2021-2022, la Corte sportiva d’Appello Nazionale-Sezione I, ha reso nota la motivazione circa il reclamo proposto dalla Società Hellas Verona in data 03.12.2021 nel procedimento n. 121/CSA/2021-2022, relativo la decisione assunta dal Giudice Sportivo presso la Lega Nazionale
Professionisti Serie A, di cui al Com. Uff. 94 del 01.12.2021. Nel respingere il gravame infondato, la Corte in particolare ha ritenuto provata l’effettiva incidenza sullo svolgimento dell’evento sportivo dei cori dei tifosi dell’Hellas Verona durante l’incontro con il Cagliari, anche in ragione del significativo numero di tifosi coinvolti-circa 4.000 che risultavano aver intonato cori insultanti di matrice territoriale nei confronti dei sostenitori della squadra avversaria.  In punto di circostanze esimenti, di cui all’art. 29 CGS, la Corte ha valutato come non applicabili al caso di specie, in virtù del più volte ribadito principio secondo cui << l’adozione di misure di prevenzione non genera, con la pretesa di autenticità, una mitigazione del trattamento sanzionatorio previsto con le singole fattispecie di illecito poi consumate. La possibile attenuazione della misura edittale della sanzione presuppone, viceversa, che i modelli organizzativi e gestionali a tail fine adottati dalle società, si rivelino proporzionati idonei ed efficaci, laddove, rispetto alle condotte in contestazione, non è dato evincere uno sforzo organizzativo mirato ad impedire, attraverso misure specifiche e congrue, l’intonazione di cori discriminatori>>. (Cfr. Corte sport. app., Sez. I dec. n. 071 del 17 novembre 2021; ancora, Corte sport. App., Sez. I, dec. n. 93 del 2 dicembre 2021).

D.LGS. 231/2001 e CODICE DI GIUSTIZIA SPORTIVA FIGC

Il D. Lgs. 231 del 8 giugno 2001 ha introdotto l’istituto  e la figura del Modello organizzativo (c.d. Modello 231) che, qualora correttamente elaborato, adottato e aggiornato, rappresenta lo strumento per esimere una società dalla propria responsabilità amministrativa dipendente da reato. Per l’ordinamento sportivo FIGC, in punto di esenzione e/o mitigazione della responsabilità delle società sportive per le condotte dei propri sostenitori non è di per sé sufficiente l’attuazione del  Modello 231. IL  CGS  prevede  che  la  società  potranno ritenersi  esenti  da simili  responsabilità al verificarsi congiuntamente di tre delle condizioni previste dall’art. 29 CGS. E quindi: a)di aver adottato ed attuato, prima del verificarsi dei fatti, modelli di gestione e di organizzazione idonei a prevenire comportamenti della specie di quelli verificati; b) di aver cooperato  concretamente  con  le  Forze  dell’ordine  ed  altre Autorità competenti sia per l’adozione di misure atte a prevenire fatti violenti o discriminatori, sia per identificare i propri sostenitori responsabili di dette violazioni; c) di aver rimosso nell’immediato, emblemi, scritte, simboli e quanto altro rimandi a manifestazioni  di  violenza  o  di  discriminazione. Concorrono  a  sollevare  la società da qualsivoglia responsabilità anche gli altri sostenitori che, nel corso della medesima competizione sportiva, concorrano a dissociarsi da predetti comportamenti, osservando una condotta in linea coi principi di correttezza sportiva.La responsabilità della società è, invece, attenuata se la stessa riesce a provare la sussistenza di almeno una delle suddette circostanze esimenti.

Per la lettura del provvedimento digita quì www.figc.it/media/155212/sez-i-decisione-n-133-csa-del-30-dicembre-2021.pdf

(Foto da Calcio Hellas)

DiAvv. Pierluigi Vossi

Ambito applicativo dell’illecito sportivo: prevenzione di condotte suscettibili di alterare il buon andamento della competizione.

“Cash Pooling” del debito tributario e la mancata concessione della Licenza Nazionale: il caso  della S.S. Sambenedettese S.r.l. . Illecito sportivo degli Amministratori. (Dott. Andrea Savoretti- Sudio Legale Vossi)

Con decisione n. 53 del 3 gennaio 2022 la Corte Federale d’Appello Figc ha confermato il provvedimento n.0057/TFNSD-2021-2022 del Tribunale Federale Nazionale Sezione Disciplinare con cui anzi tempo veniva accolto il deferimento operato dalla Procura Fedarele in odio agli  Amministratori, attuali e passati, della A.S. Sambenedettese S.r.l..

Deferimento relativo alla “…inosservanza degli artt.4, comma 1, del C.G.S. e 33, comma 4, del C.G.S. per aver violato i doveri di lealtà, probità e correttezza, per aver provveduto ad estinguere taluni debiti previdenziali, relativi alla precedente società fallita, a mezzo di compensazione ex. art.17 del D.Lgs 241/97 previo impiego di crediti d’imposta riferibili a soggetti terzi e posti a disposizione della Società A.S. Sambenedettese S.r.l. in forza di un atto di accollo, ponendo in essere una condotta non rituale in ordine alla estinzione dei debiti contributivi.”

Nella motivazione la CFA ha ribadito il principio per il quale la specialità dell’ordinamento sportivo e il suo radicamento diretto in criteri di natura valoriale, espressi  dall’art. 4, comma 2, CGS, -con i riferimento agli obblighi di lealtà, correttezza e probità,- impediscono di enucleare un analogo criterio di tassatività e determinatezza delle fattispecie illecite tipico del sistema penale ordinario.

L’individuazione dell’illecito sportivo è rimessa, quiondi, al prudente apprezzamento degli Organi di giustizia sportiva FIGC, chiamati a ricondurre – come nel caso di specie – le singole condotte alla fattispecie generale sopra richiamata che impone obblighi di lealtà, correttezza e probità e ne sanziona la violazione. La maggiore ampiezza dell’ambito applicativo dell’illecito sportivo e quindi caratterizzata dalla prevenzione di condotte suscettibili di alterare il buon andamento della competizione atletica.

IL CASO

L’accordo di Cash Pooling consiste nell’accentrare, in capo a un unico soggetto giuridico, la gestione delle disponibilità finanziarie di un gruppo societario, allo scopo di gestire al meglio la tesoreria aziendale con riguardo ai rapporti in essere tra le società aderenti allo stesso e gli istituti di credito. Esso consente di evitare possibili squilibri finanziari riconducibili alle singole realtà aziendali facenti parte del gruppo, attraverso, appunto, una gestione unitaria. Tale istituto, infatti, permette di compensare i saldi attivi di conto corrente di alcune società con i saldi negativi di altre, realizzando un risparmio di interessi passivi e ottenendo il risultato indiretto di finanziare le società che presentano una posizione debitoria nei confronti degli istituti di credito. Le società interessate sono tenute a deliberare il contenuto dell’accordo di cash pooling nei rispettivi consigli di amministrazione, definendo, in particolare, l’oggetto, la durata, i limiti di indebitamento, le aliquote relative agli interessi attivi e passivi e le commissioni applicabili. Successivamente, tali clausole vengono formalizzate in un contratto di conto corrente intersocietario (in forma di scrittura privata). Quest’ultimo riguarda le società del gruppo e la società incaricata di gestire la tesoreria. In particolare, attraverso tale accordo, le società conferiscono mandato alla società capogruppo (Pooler o Pool Leader) per la gestione della tesoreria; la società Pooler stipula un contratto con un istituto di credito, in base al quale alla stessa viene intestato un conto corrente (Pool Account) cui far confluire tutti i movimenti che interessano le posizioni di conto corrente delle singole società; la società Pooler stipula con le società del gruppo dei contratti di conto corrente non bancario, al fine di legittimare le singole posizioni di debito e credito conseguenti al trasferimento dei soldi attivi e passivi dei singoli conti su quello del Pool.

Tale istituto, per quanto concerne, invece, gli aspetti fiscali, rileva: ai fini delle imposte sul reddito delle società (IRES); per il trattamento fiscale degli interessi attivi e passivi per le singole società che aderiscono all’accordo; per il trattamento fiscale delle commissioni riconosciute al Pooler.

Nel caso in specie la L’A.S. Sambenedettese ha più volte rivendicato la circostanza per cui la compensazione non è un metodo di pagamento vietato dal Sistema delle Licenze Nazionali e che il Cash Pooling è un istituto notoriamente ammesso nell’ordinamento (nel novero dei contratti atipici).

Da un analisi più approfondita della vicenda, tuttavia, appare del tutto legittima la determinazione assunta dalla Covisoc.

L’operazione raffigurata e proposta dalla A.S. Sambenedettese  ha visto coinvolti una pluralità di soggetti: oltre a quest’ultima, la “Garigliano Immobiliare S.r.l.” (socia della prima), la “G StylesS.r.l.” e la “Villagio Globale S.r.l.” In tale contesto A.S. Sambenedettese S.r.l. debitrice nei confronti dell’erario; la Garigliano S.r.l., socia della prima, delegata di acquistare da terzi soggetti, la G Styler e Villagio Globale S.r.l., il credito di imposta che, questi ultimi, a loro volta, vantavano nei confronti dello Stato.

In tale contesto, la Garigliano S.r.L. provvedeva a trasferire il credito di imposta alla A.S. Sambenedettese, che, a sua volta, compensava il debito pregresso nei confronti dello Stato.

Come verificato da Covisoc questa operazione, funzionale a permettere il rilascio della Licenza Nazionale e quindi ottemperare ai criteri di ammissione al Campionato di Lega Pro 2021-2022 ha rilevato il compimento di diverse violazioni della normativa vigente in materia. L’organo di controllo FIGC riscontrava, innanzi tutto, come l’INPS – fornendo un’interpretazione, concorde con quella dell’Agenzia delle Entrate- aveva chiarito (su apposito quesito) che  il debito oggetto di accollo non può essere estinto in compensazione con crediti vantati dall’accollante nei confronti dell’Erario. Tale divieto è stato  introdotto dalla legge n.157/2019. Quest’ultima prevede che chiunque si accolli il debito d’imposta altrui, procede al relativo pagamento, escludendo l’utilizzo in compensazione dei crediti dell’accollante. A ciò si aggiunga  che affinché una cessione di credito IVA produca effetti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, occorre che il cedente notifichi la cessione all’Amministrazione centrale ovvero all’Ente, Ufficio o funzionario cui spetta ordinare il pagamento: e ciò risultare da un atto pubblico o da una scrittura privata autenticata. Requisiti che, nella fattispecie in questione, non ricorrono, comportando, di conseguenza, l’impossibilità di considerare i predetti accordi di “Cash pooling tributario” come forme efficaci di cessione e di pagamento (Cassazione civile sez.trib., 7/11/2018, n.28390). Addirittura, i suddetti accordi non appaiono riconducibili, nemmeno, alla effettiva fattispecie del “cash pooling.” Nei contratti utilizzati dalla A.S. Sambenedettese S.r.l. si assiste, piuttosto, a una sorta di stanza di compensazione di debiti e crediti tributari appartenenti a soggetti terzi rispetto ai contraenti, con l’effetto di determinare un elevato rischio elusivo dei limiti imposti dalla normativa proprio riguardante l’accollo e la cessione di debiti e crediti previdenziali e tributari. Pertanto, si tratta di accordi privi di una effettiva ragione economica diversa dalla mera circolazione della compensazione stessa, non rientranti nel novero dei contratti atipici ex art.1322 c.c. Nella fattispecie in questione, pertanto, prevale la mera circolazione tra soggetti terzi della compensazione contributiva e tributaria in sé considerata, che, però, non può definirsi una ragione economica meritevole di tutela. Il provvedimento della Corte d’Appello federale FIGC è consultabile clicando all’indirizzo https://www.figc.it/media/155300/sez-unite-decisione-n-0053-cfa-del-3-gennaio-2022.pdf

 

DiAvv. Pierluigi Vossi

L’illecito Sportivo. Tra lealtà, correttezza e probità nella condotta dello sportivo ed il ragionevole dubbio ex art 533 co.1 c.p.p.

CORTE FEDERALE D’APPELLO FIGC-SEZ. I – DECISIONE N. 0063 CFA del 28 gennaio 2022

Con la pubblicazione della  motivazione del 28.01.2022 la sez. I della  Corte Federale D’Appello FIGC ha ulteriormente precisato l’entità dello standard probatorio dell’illecito sportivo: già evidenziato nella pronunzia della stessa CFA a Sezioni Unite nel provvedimento n. 12/CFA/2021-2022, ribadendo che:

  1. il carattere speciale e peculiare dell’illecito sportivo rispetto a quello penale si riverbera sia sotto il profilo sostanziale sia a sotto il profilo processuale;
  2. quanto al profilo sostanziale, la specialità dell’ordinamento sportivo e il suo radicamento diretto in criteri di natura valoriale, espressi chiaramente dall’art. 4, comma 2, CGS, con i riferimenti agli obblighi di lealtà, correttezza e probità, impediscono di enucleare, come nel diritto penale, un criterio di tassatività e determinatezza delle fattispecie illecite, la cui individuazione caso per caso è invece rimessa, in ultima istanza, al prudente apprezzamento degli organi di giustizia sportiva
  3. circa al profilo processuale poi, la peculiarità dell’illecito sportivo trova una significativa corrispondenza nel grado di prova richiesto per ritenere sussistente una violazione, che deve essere” superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio” .

per la lettura del provvedimento Vai su https://www.figc.it/media/155955/sez-i-decisione-n-0063-cfa-del-28-gennaio-2022.pdf

DiAvv. Pierluigi Vossi

“IUS SOLI” SPORTIVO

RIFLESSIONI DELL’ AVV. PAOLO STOPPINI


“Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare. Esso ha il potere di unire le persone in un modo in cui poche altre lo fanno. Parla ai giovani in una lingua che comprendono. Lo sport può portare speranza dove una volta c’era solo disperazione”.

(Nelson Mandela)

Leggi tutto

DiAvv. Pierluigi Vossi

Tribunale di Modena 19.05.2021 Ordinanza n. 2467 III sezione civile lavoro .Legittimo sospendere in via cautelare il lavoratore dall’attività e dalla retribuzione sino alla effettiva e completa vaccinazione anti covid-19

L’ art. 20 D. Lgs. 81/2008 (testo unico sicurezza sul lavoro) stabilisce che: ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre  persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni fornite dal datore di lavoro. Obbligo che comprende, anche, quello di utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione. Tale obbligo grava anche sui liberi professionisti che svolgono attività per conto dei datori di lavoro.

Questo, di fatto, il riferimento normativo su cui si sono basate le motivazioni del Giudice del lavoro nella’Ordinanza qui sotto riportata.

trib_modena_vaccinazione

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com